A ciascuno il suo… font!

A ciascuno il suo… font! Nel panorama editoriale, la scelta del o della font è uno dei tratti distintivi e identitari con la quale la casa editrice deve confrontarsi.
Come per le copertine – sappiamo riconoscere facilmente libri di Adelphi da quelli di Einaudi, così come quelli di minimum fax da Iperborea -, il font caratterizza l’interno di un libro e, sebbene di rado, anche di una stessa collana.

Per prima cosa: si dice il o la font?

Vi è una mancanza di uniformità a riguardo, identificare il genere di font, se sia maschile o femminile, non è cosa semplice al punto che persino alcuni dizionari accettano entrambi i generi.

Secondo l’Accademia della Crusca tale lemma, che in ambito informatico e tipografico indica “l’insieme completo dei caratteri di uno stesso tipo”, deriva dal sostantivo inglese font “fonditura” a sua volta derivato dal francese fonte “fusione”.

Spesso in italiano font è utilizzato come sinonimo di carattere, ma si tratterebbe di un errore in quanto per font si intendono tutti i caratteri disponibili in funzione di dimensione, stile e peso di una particolare foggia, mentre con carattere si fa riferimento al disegno vero e proprio.

Sebbene in inglese i due termini identifichino due concetti diversi, spesso in italiano con typeface viene fatto riferimento al carattere tipografico come alla font.

Serif o sans serif? Ora non è più un dilemma!

Quando si sceglie un carattere, la prima riflessione da effettuare è quella di sapere se opteremo per un carattere con grazie (serif) o senza (sans serif).

Secondo degli studi sulla leggibilità, i caratteri graziati, ovvero quelli che possiedono dei vezzi alle estremità di testa o piede, sarebbero più idonei per la lettura su carta in quanto proprio quei tratti accompagnano l’occhio del lettore nella lettura della riga.

Per lo schermo invece sarebbero più indicati quelli bastoni, proprio come nel caso del nostro blog, in quanto lo schermo non dispone di un’alta risoluzione tale da visualizzare correttamente i dettagli dei caratteri dotati di grazie.

Vi sono tuttavia degli studi in corso per comprendere se questa distinzione di utilizzazione sia davvero corretta.

Aldo Novarese e la classificazione estetica dei caratteri

In Italia la classificazione dei caratteri più adottata è quella effettuata da Aldo Novarese nel 1956.

Disegnatore di caratteri, Novarese differenziò questi ultimi secondo criteri storici, estetici ma anche formali, prendendo in considerazione il piede dei caratteri.

In totale distinse dieci famiglie delle quali ben otto sono dotate di grazie: Lapidari, Medievali, Veneziani, Transizionali, Bodoniani, Scritti, Ornati, Egiziani, Lineari e Fantasia.
Il Garamond rientra nella famiglia dei Lapidari, il Fette Fraktur invece è facilmente riconducibile alla famiglia dei medievali. E il famosissimo Times New Roman? Ebbene quest’ultimo fa parte dei Transizionali noti anche come romani moderni.

L’Italia e il Garamond: un matrimonio che dura secoli

Sapevate che in Italia il Garamond, il Simoncini Garamond per l’esattezza, è il carattere tra i più utilizzati per la pubblicazione di libri?

Nel Cinquecento Claude Garamond creò il carattere omonimo, ma fu Simoncini a rielaborarlo nel 1958 in una versione che avrebbe preso piede in un lampo.

Bompiani, Sellerio, BUR, Feltrinelli, Salani, Longanesi, Guanda, Saggiatore, Nottetempo e Iperborea hanno scelto questa font per i loro libri.

Einaudi, Mondadori e Adelphi: font diverse per editori diversi

Einaudi nel 1956 decise di commissionare a Simoncini la creazione di una sua font, l’Einaudi Garamond. Non distante dal Garamond, quello di Einaudi si riconosce per i famosissimi accenti acuti su í e ú che di solito sono gravi.

Mondadori scelse invece il Palatino per la sua narrativa italiana e straniera. Anche questo, sebbene non si discosti molto dal Garamond, si differenzia per il vuoto dentro le lettere leggermente più grande e gli ascendenti e discendenti (i tratti delle b e delle p per intenderci) leggermente più corti.

Fa eccezione a quanto detto Adelphi che utilizza il Baskerville sia per gli interni che per le copertine dei suoi libri!

E i nostri autori preferiti quale utilizzano?

In un bellissimo articolo del Post, diversi autori famosi rispondono a questa domanda. Il risultato è un mosaico di scelte molto interessanti.

Baricco per esempio utilizzerebbe il Garamond, giustificato a sinistra, Valeria Parrella invece sarebbe più incline al Times New Roman al contrario di Antonella Lattanzi che trova quest’ultimo “freddo e severo, per esempio, e anche un po’ sciatto”. Paolo Cognetti e Walter Siti che prediligono la prima stesura a mano, optano rispettivamente per il Baskerville e il Times New Roman. Per saperne di più vi invito a leggere l’articolo del Post!

Articolo a cura di Giulia V.

Foto di nadi borodina su Unsplash