L’arrivo dei Sensitivity Readers in Francia

Sapevate che all’estero una nuova figura editoriale sembra prendere sempre più piede nell’industria del libro? Ebbene sì, sono coloro che potremmo definire “editor delle diversità”, sono i Sensitivity Readers. Dagli USA e UK l’arrivo dei Sensitivity readers in Francia.

I Sensitivity Readers o gli editor delle diversità

Chi segue il mondo editoriale, con le sue tendenze, evoluzioni e polemiche, probabilmente ne era a conoscenza già da qualche anno.

Dagli USA e dagli UK è approdata anche in Europa, in Francia, una nuova figura editoriale: l’editor delle diversità. Metà gennaio la notizia arrivava dal Le Monde, ma già da diversi anni in Inghilterra e negli Stati Uniti le case editrici si erano dotate di questa nuova figura professionale. Vediamo nello specifico di cosa si tratta.

Vi è mai capitato di avere tra le mani libri pubblicati tanti, ma tanti anni fa, anche libri per bambini per esempio, e di trovarvi contenuti che a leggerli oggi vi risultano offensivi o quantomeno inappropriati?
A caldo direi che potreste trovare ciò in qualche libro per bambini con le distinzioni per colori e contenuti, a seconda del piccolo lettore.

Bene, per non incorrere in scivoloni di questo tipo, il mondo editoriale anglosassone contemporaneo si è dotato dei Sensitivity Readers ovvero di figure che in ambito redazionale si occupano di controllare e verificare i manoscritti onde evitare che il libro possa essere accusato di contenere stereotipi, pregiudizi o passaggi offensivi verso comunità etniche, sessuali o culturali.

Anche in Francia quindi gli editori sembrano seguire lo stesso percorso, non senza sollevare qualche riflessione. Il lavoro dell’editor delle diversità rischia, o meno, di apportare delle censure al testo originale? La libertà di espressione dell’autore viene limitata?

Il caso American Dirt e la nascita di questa nuova figura

Leggendo l’articolo del Giornale della Libreria, la nascita degli editor delle diversità si potrebbe rintracciare con l’avvento del caso editoriale americano American Dirt di Jeanine Cummins, pubblicato nel 2020. Tradotto in Italia con il titolo Il sale della Terra (Feltrinelli), questo libro ha diviso l’opinione pubblica e fatto molto parlare di sé.

Se da un lato American Dirt era stato acclamato da scrittori come Stephen King o personalità del calibro di Oprah Winfrey -nel 2019 Oprah era da considerare una book influencer televisiva con la sua trasmissione Book Club– e le vendite erano schizzate, dall’altro, il romanzo era stato accusato, da intellettuali di origine messicana, di stereotipare l’immagine del Messico e dei suoi abitanti.

Il dibattito ruotava fondamentalmente attorno alla possibilità da parte di uno scrittore di scrivere di ciò che non conosce veramente. Nel caso di American Dirt: per scrivere un romanzo la cui narrazione è affidata al personaggio di un migrante messicano, l’autore deve essere messicano? La Cummins, lo ricordiamo, è una scrittrice statunitense.

Sensitivity Readers nell’editoria per ragazzi

Nella riflessione introduttiva, abbiamo visto come sia facile per esempio poter trovare dei libri anche per bambini che in qualche modo siano stereotipati. I Sensitivity Readers assumono un ruolo tanto più importante quanto questo è applicato ai contenuti a destinazione dei piccoli lettori.

In un’intervista al The Bookseller, Rebecca McNally, direttrice letteraria della Bloomsbury Children’s Books (l’editore di Harry Potter), ha spiegato come ritenessero essere molto d’aiuto gli editor in questione, e tra le motivazioni vi era anche quella che tale lettura esperta solleva domande che un redattore generale, per quanto rigoroso, potrebbe non pensare o sapere di supporre:

We think they are very helpful on some projects as many authors really do appreciate the insight of a specialist editorial perspective as part of the process. We view it as another kind of expert read that raises questions a general editor, however rigorous, may not think or know to ask. Mostly they give the author an opportunity to review their text through a particular (relevant) lens and make subtle changes, or not. We don’t expect them to make books bulletproof and don’t expect authors to implement all the sensitivity reader’s recommendations—it’s an intelligent, informed dialogue.”

Il punto di Giulia

La figura del Sensitivity Reader allora rappresenta un progresso o una censura per l’autore? A questa riflessione mi sono approcciata cercando di guardare l’argomento da prospettive diverse.

Il rapporto tra autore ed editor, un rapporto per forza alla odi et amo?

In primis viene l’autore. Questo è sempre stato il mio motto.
L’editor è la mano invisibile che mette a disposizione dello scrittore le sue conoscenze e competenze.
Un buon editor, di base, non cede alle provocazioni del suo ego letterario, così come lo scrittore non dovrebbe chiudersi a riccio, in difesa della sua opera.

Il lavoro sul manoscritto è un lavoro di gestazione in cui l’editor si prende cura dell’autore e del suo libro. Indiscutibilmente sarà l’autore a doversi sentire pronto per la pubblicazione, ma l’editor nel frattempo l’avrà affiancato, incentivandolo, sostenendolo e sapendo riconoscere i suoi spazi, stile e libertà creativa inclusi.
In questo scambio simbiotico, l’autore non dovrebbe sentirsi vessato dall’intervento dell’editor sul suo manoscritto, intervento che richiede dibattito, confronto e preparazione.

Ora mi chiedo, se la casa editrice può avere un ruolo nella scelta del titolo del libro, guidando l’autore su idee, proposte e controproposte, perché non potrebbe aiutare l’autore nell’approcciarsi, nel modo più inclusivo possibile, al suo lettorato? Il titolo per un libro, non è forse, un aspetto importante della sua identità?

L’intervento dell’editor volto a trovare incoerenze, suggerire un’eventuale tipologia di spessore per i personaggi, non è forse coerente con l’intervento di una lettura volta ad assicurarsi la sua massima comunicabilità? Come sempre poi il giusto sta nel mezzo.

L’inclusione e linguaggio

È strano. Un sostantivo femminile come “inclusione” al quale siamo abituati sin da piccoli a scuola, quando ci vengono spiegati gli insiemi, oggi è ancora oggetto di dibattito o di sensibilizzazione.

Oggi ci si preoccupa di un’analisi fatta con una lente d’ingrandimento diversa che ha per obiettivo solo quello di assicurarsi che un’opera possa parlare a tanti e che tanti possano rivedersi in essa.

Il lavoro dell’editor, come del correttore di bozze, come del redattore, passa per delle verifiche.
Tutti, in modo diverso, attuano controlli e prove del nove. Tutti sono chiamati a confrontarsi, interrogarsi, documentarsi per comprendere.

Non sarebbe forse questo il caso di un correttore di bozze che non essendo esperto di entomologia consulti le fonti appropriate per comprendere la correttezza del lessico utilizzato? Non dovrebbe l’editor comprendere, informarsi presso consulenti ed esperti in materia, per poter aiutare lo scrittore a rendere più fruibile il suo scritto?

Tutti sono chiamati a conoscere e tutti siamo chiamati a conoscere. È la bellezza del nostro vivere. È il fondamento della nostra esistenza: l’evoluzione. E la scrittura è una delle realtà più vive; specchio della nostra società.

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