Scrivere delle introduzioni ai libri che si leggono è sempre un’impresa ardua. È come scrivere una quarta di copertina. Come spiegare in qualche riga un libro emozionante, che strozza la voce in gola talmente prende il lettore nel suo intreccio? Vi sto parlando del romanzo di Laetitia Colombani, La treccia, tradotto dal francese da Claudine Turla ed edito da Nord Editore.
Sarà che leggo raramente i “casi editoriali”, ma ero in Francia al momento dell’uscita in libreria del libro La Tresse (Grasset). Vi dirò di più, all’epoca lavoravo da Hachette Livre, gruppo madre della casa editrice. Ho visto quindi nascere questo caso editoriale: prima nei corridoi in ufficio e poi in libreria: le copie vendute si elevavano, come in un contatore impazzito, ogni mese di più. Nessuno stupore (o quasi) quando abbiamo scoperto che il libro era vincitore del Prix Relais. Grande soddisfazione per l’autore, l’editore e i lettori che erano entusiasti già dal primo cenno di arrivo dell’estate. Eppure all’epoca ero su altre letture.
Rientrata in Italia l’anno scorso e più precisamente a Gaeta, ho ritrovato su una bancarella di libri La treccia: colpo al cuore. Nostalgia. Soddisfazione. Ero contenta che il mercato italiano avesse accettato un libro così apprezzato all’estero. Stavo quasi per comprarlo ma poi ho desistito. Solito accanimento contro l’opinione dominante. Ma quest’estate no, non ce l’ho fatta. Alla stessa bancarella ho ceduto alla tentazione e ho fatto benissimo, magari l’avessi fatto prima!
La treccia è uno di quei romanzi che inserirei tra le famose liste di libri biblioterapici. Eh si, perché è stata una lettura di quelle che ti entra dentro. Una storia al femminile. Una grande storia di donne, di amazzoni che combattono tutti i giorni con le proprie difficoltà, con le proprie guerre e i propri demoni. Una storia di donne forti e fragili al contempo stesso, di vite che si intrecciano senza incontrarsi mai. La treccia è un libro fe-no-me-na-le, che ogni donna dovrebbe leggere come si legge Simone de Beauvoir, un inno alla vita, alla lotta, alla perseveranza, il tutto racchiuso in uno stile delicato, dolce, come delle note musicali. Si, questo testo ci toglie il fiato e ce lo restituisce anche sotto forma tipografica. È un testo che respira e che ci dona un po’ di ossigeno in questo mondo dominato da femminicidi e dove la donna lotta ancora per emergere.
Ho preso la decisione di non descrivervi la trama perché di Smita, Giulia e Sarah ne è pieno il mondo e ne incontriamo almeno una al giorno per strada.
Dedico questo libro a tutte voi, care donne lettrici, che ogni giorno affrontate la vostra vita da combattenti, che sapete dire no e non chinarvi davanti alla nuova malattia del secolo: l’indifferenza umana. Care amazzoni, questo libro è per voi. Questo libro è per me.