Editoria e IA: (fino a che punto) questo matrimonio “sa d’ha fare”?

Editoria e IA (fino a che punto) questo matrimonio “sa d’ha fare”? Chissà cosa risponderebbe il nostro Don Abbondio a questa domanda. Il dibattito sull’intelligenza artificiale è all’ordine del giorno fra giganti delle tecnologie, creatori ed editori. Potenzialità? Rischio? Progresso? Regresso? Da mesi mi chiedo quale sia la mia posizione in merito – ammesso che averne una al momento sia davvero costruttivo-, e solo oggi forse riesco a scriverci qualche rigo, con la consapevolezza che quest’articolo non sarà né esaustivo, né iper-preciso e richiederà di essere aggiornato. Nessun problema allora: di aggiornamenti siamo tutti abituati a farne, figuriamoci se uno in più mi spaventa.

Editoria e IA: amici nemici?

Le potenzialità dell’IA applicate al libro (e al suo acquisto)

Quando scriviamo, le parentesi indicano un’informazione che potremmo omettere, ma che riteniamo comunque importante inserire. Con il titolo di quest’articolo ho voluto di proposito capovolgere il loro ruolo semantico. La domanda provocatoria non è se quest’unione si deve fare o meno, piuttosto: fino a che punto dobbiamo spingerci nella sua applicazione?

Dico ciò perché nel mondo dei libri l’IA è già in uso. Proviamo a riprodurre il viaggio di Giulia, a metà tra scenari immaginari e non, che sceglie di acquistare un libro online.

Giulia adora leggere i libri in qualsiasi formato. Oggi però desidera comprare un libro audio.

Per prima cosa, potrebbe decidere di cercare qualche novità o informazione su Internet. Digitando delle parole chiave, Google le fornisce i migliori risultati (meno male che c’è lui!). Giulia allora si orienta fra articoli e recensioni, informazioni e pubblicità, per poi arrivare a scegliere il suo prossimo libro.

Con un titolo in testa approda su uno store e tra le tantissime proposte si perde di nuovo. Sono tutti bellissimi, quale scegliere? Allora ecco pronto in suo soccorso l’assistente virtuale online che l’aiuta a capire come fare per comprare il libro o le consiglia altre letture in funzione di quello che ama leggere. No, Giulia non ha incontrato un alieno bensì un chat bot che, se parametrizzato secondo determinati criteri, può aiutare il cliente nell’acquisto.

Dopo aver girovagato sul sito, finalmente il libro audio è acquistato.

La copertina è magnifica. È un’illustrazione che farebbe balzare dalla sedia chiunque, persino un grafico espertissimo! E la voce? La voce è straordinaria, proprio come quella di un attore teatrale.

Giulia è al settimo cielo.
Fine.


In questa storia ci sono: fatti che sono già reali, potenzialità che si sperimentano attualmente e fatti che potrebbero accadere. Sapreste dire quali?

In uso troviamo già l’IA applicata ai chat bot e all’analisi dei dati. Ovviamente per quanto riguarda i dati di navigazione oggi la possibilità di acconsentire, o meno, alla raccolta ci aiuta a poter scegliere di lasciare queste informazioni alle aziende. Idem per le pubblicità sulle quali clicchiamo.

Per quanto riguarda le illustrazioni, anche questa è una mezza verità. Dico mezza perché a oggi è possibile utilizzare dei software per creare, tramite delle parole chiave o descrizioni sintetiche, delle immagini a partire da quelle che si trovano sul web. Tuttavia quello che non so è se vi siano editori che abbiano già pubblicato libri a partire da illustrazioni ricreate dall’AI.
Resta poi la questione della voce. Oggi i libri audio sono letti da attori professionisti. Ma chi può escludere che domani siano le voci sintetiche a essere utilizzate? Pubblicare un libro audio nel 2023 ha dei costi importanti per via delle spese di registrazione. Se si ottimizzano quelli… provate a continuare voi la frase.

C’è un punto che non ho evocato in questa storia ma se ne parla di già. La possibilità di creare contenuti, nello specifico, articoli e report, a partire da un argomento e un campione di frasi già scritte. La forma sarebbe da rivedere comunque, ma provate a immaginare quanto tempo recuperato!
Amici professori, nel caso questa tecnologia si dovesse democratizzare e sviluppare alla perfezione, vi faccio il mio in bocca al lupo!

I rischi dell’IA per i mestieri del libro

L’intelligenza artificiale rappresenta e può rappresentare un’opportunità. Tuttavia bisogna poter mettere in conto i rischi che si possono presentare, soprattutto quando la tecnologia si muove sul piano dell’accelerazione.

La mancanza di un adeguato apparato normativo potrebbe comportare problemi per quanto riguarda il lavoro dei professionisti in questione e la proprietà intellettuale. A chi appartiene quest’ultima? Cosa ne è dei diritti?

La campagna di Bescherelle

In questo contesto di interrogativi, preoccupazioni, dubbi e incertezze, l’editore francese Bescherelle, editore dei libri di riferimento in ambito linguistico per i Francesi, è riuscito con umorismo a distendere gli animi, ricordando a tutti di come alla base della IA vi sia pur sempre l’ortografia.

Una bellissima campagna di comunicazione, di qualche mese fa, e che definirei quasi 3.0 per il tema che affronta e per lo spirito di iniziativa nel sapersi inserire in modo costruttivo e intelligente nel dibattito.

Giocando sui refusi in relazione alle immagini generate da algoritmi ecco che la campagna assume subito un carattere divertente. E così, se confondiamo pain (pane) con pin (pino) anziché ottenere l’immagine di una casa immersa in una foresta di alberi, otteniamo questo:

Evitiamo anche di cercare un’immagine generata che mostri un bambino che gioca con un cervo volante invece di un aquilone (aquilone in francese è cerf-volant, un trattino che fa la differenza)…

Il punto di Giulia

Scherzi a parte, le ragioni economiche posso davvero indurre a far sì che venga scelta l’opzione del “fatto come se”?
Il disegno non è creato dall’illustratore, ma è come se lo fosse, il testo non è scritto interamente dal giornalista, ma è come se lo fosse, la registrazione non ha la voce dell’attore, ma è come se l’avesse. Insomma: sostituire il reale con quello che vi si avvicina ma non lo raggiunge (ancora una volta la matematica ci viene in aiuto) è davvero una buona idea?

I correttori automatici sicuramente hanno risparmiato del tempo a tutti noi, ma quante volte, senza rileggere, ci hanno fatto impallidire per le figuracce? La riformulo anche da questo punto di vista: grazie al correttore automatico quante volte abbiamo impigrito la nostra conoscenza perché “tanto ci veniva suggerito correttamente” e non valeva la pena verificare l’ortografia?

E poi: vogliamo veramente che la nostra società tenda a una perfezione irrealistica? L’uomo non lavora gratuitamente, non è una macchina, non è perfetto. Eppure cerca di realizzare un qualcosa a scapito di qualcuno, che ottimizzi il perfettibile, che risulti perfetto.

Al momento penso che l’IA dovrebbe poter avanzare in campi dove davvero può fare la differenza come nella sanità, per esempio. In ambiti nei quali la creatività è una forma d’arte e l’espressione una manifestazione culturale, sostituire una persona con un algoritmo può significare togliere e non aggiungere.

Foto dell’articolo: Pixabay

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